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Annuario del Centro Studi Umanista Mondiale (1995)

L'ANARCHISMO RUSSO E LA SUA TRAGEDIA dell'Accademico Boris Koval

Mosca, Autunno del 1995

La multisecolare vita spirituale della Russia, così come altre, è profondamente carica del fulgore vivificante di una idea umanista incarnata nella parte migliore del carattere nazionale: l'umanesimo, l'adorazione della libertà e dell'uguaglianza, l'ansia di vita, il solidarismo generoso, la pazienza… Queste qualità, così semplici e naturali, riempiono l'esistenza personale di ogni essere umano di un contenuto sovrapersonale (collettivo, sociale) più profondo, unendo gli uomini. La vita dell'uomo nella società, a differenza di quella di Robinson nell'isola deserta, genera interdipendenza e responsabilità reciproche e, al tempo stesso, pene e disillusioni. La sussistenza naturale (fisica) di un individuo si trasforma in una tesa e drammatica esistenza umana.

Martin Heidegger disse al riguardo: “Solo l'uomo esiste. Anche una roccia sussiste, ma non esiste. Un albero sussiste, ma non esiste. Un cavallo sussiste, ma non esiste. Un angelo sussiste, ma non esiste. Dio sussiste, ma non esiste”. Sviluppando questa idea, aggiungiamo: l'uomo esiste perché sente e cerca di rendersi conto del senso della sua esistenza.

I più grandi pensatori di tendenza umanista sono sempre stati caratterizzati dall'ansia di prestare tutto l'aiuto possibile per sublimare le migliori qualità dell'uomo, vale a dire per innalzare il suo spirito ed il suo intelletto, la sua moralità e la sua volontà, per rafforzare il suo ottimismo nell'orientarsi nella vita.

L'opera di figli eminenti della Russia come Mikhail Bakunin e Piotr Kropotkin, padri spirituali dell'anarchismo russo, darà un esempio convincente di questa attitudine.

La tragedia di tutto l'anarchismo consistette nel fatto che il suo sforzo per raggiungere i più alti ideali della libertà umana accettò i mezzi più violenti e antiumani. La contraddizione indistruttibile fra gli obbiettivi ed i mezzi costituì il principale contrasto permanente della vita umana in quanto tale. A volte succede che l'amore più potente e più puro istighi qualcuno ad uccidere l'essere amato. Per il bene di una famiglia o di una nazione si sacrificano altre famiglie o altri popoli. La lotta per la giustizia e per una apparente verità può provocare una guerra civile. In altre parole, le migliori intenzioni spesso ci trascinano verso il sentiero della violenza e del male.

Qualcosa di simile è accaduto con l'anarchismo. L'anarchismo non è un fenomeno strettamente russo. A suo tempo, come accade anche oggi, l'anarchismo e l'anarco-sindacalismo guadagnarono alla loro causa un'area considerevole delle classi basse di Spagna, Italia e America Latina. La tradizione anarchica continua a vivere e addirittura in alcune parti riappare con rinnovato vigore. Questa e' la ragione per cui e' importante ricordarci dell'eredità spirituale di Mikhail Bakunin e Piotr Kropotkin, i quali lasciarono la loro impronta luminosa nella storia russa e nella storia universale della protesta sociale, dalla parte degli oppressi contro la discriminazione e l'ingiustizia.

Mikhail Bakunin (1814-1876) visse un destino splendido e per molti aspetti avventuroso. Da una fede profonda in Dio passò alla irreligiosità totale; da conformista osservante della legge ad ardente rivoluzionario. Fu anche repubblicano, monarchico, di nuovo repubblicano. Partecipò alle rivoluzioni di Praga e di Dresda degli anni 1848-1849. Nel 1857 fu deportato in Siberia, da dove fuggì quattro anni dopo, stabilendosi in Europa. Collaborò con Alexandr Hertzen, prese parte all'attività dell'Internazionale, organizzò l'Alleanza Internazionale Anarchica, che sferrò una lotta ideologica contro Marx e Engels. La concezione del comunismo senza potere, offerta da Piotr Kropotkin, altro grande teorico dell'anarchismo russo, appare anch'essa molto interessante. Piotr Kropotkin (1842-1921), proveniente da una famiglia benestante, di conti, avrebbe dovuto, in teoria, sostenere concetti conservatori a difesa del sistema latifondista e feudale. Ma la vita andò a modo suo: egli ruppe i legami con la sua classe, si converti in un grande scienziato geografo e filosofo, aderì al movimento dei naròdnik contro lo zarismo. I precursori e fondatori dell'anarchismo russo assunsero differenti punti di vista rispetto alla società e all'uomo, soprattutto riguardo alla struttura della vita sociale. Nello stesso tempo ci fu anche molto che li unì, specialmente il loro attaccamento alle idee di libertà e solidarietà. Per strano che fosse, proprio questo aspetto, il più forte dell'anarchismo, fu ignorato dai marxisti che diedero la loro propria visione della libertà e della solidarietà.

I marxisti qualificarono l'anarchismo come individualismo piccolo borghese e come amoralismo. In tutta l'opera marxista si può trovare un elenco infinito di ogni genere di vituperio dell'anarchismo: egoismo, banditismo, irrazionalismo, controrivoluzionarismo, senza arrivare ad incontrare un solo apprezzamento positivo.

E' vero che Lenin una volta riconobbe che gli anarchici spesso avevano agito a partire dalle più alte e nobili motivazioni. Fu davvero così. E' chiaro che la storia ha visto centinaia di seguaci dell'anarchismo primitivi e senza scrupoli, ma ha visto anche migliaia di anarchici idealisti incorrotti e onesti, gente nobile e valorosa, come il conte Piotr Kropotkin e Lev Cherny (in Russia), A.Pereyra (in Brasile), i fratelli Ricardo e Florez Matòn (in Messico) e molti altri. Non si può in nessun modo trascurare questa diversità di caratteri.

Ad ogni modo, dobbiamo prima di tutto occuparci dell'essenza della concezione anarchica. A dispetto dell'opinione corrente, l'anarchismo non è sinonimo di sfrenatezza o di banditismo. Il senso essenziale di questa parola di provenienza greca è la libertà, la mancanza di direzione e di governo. Fu proprio in tal senso che Mikhail Bakunin interpretò l'anarchia. “La libertà! Solo la libertà, la piena libertà per ognuno e per il mondo intero. Questa è la nostra morale e la nostra unica religione”. La libertà è un tratto caratteristico dell'uomo, è ciò che lo differenzia dagli animali selvatici. La libertà racchiude l'unica prova del suo umanesimo. La libertà, secondo Bakunin, si diffonde in ogni direzione, senza limitarsi ad una persona. La fratellanza tra gli uomini nell'intelletto, nel lavoro e nella libertà, vale a dire la realizzazione della libertà nell'uguaglianza, questo racchiuda la giustizia.

Tale posizione non può essere definita altro che umanista. Proprio per questo Bakunin intervenne con decisione contro ogni forma di dipendenza dell'individuo: contro la Chiesa, contro la proprietà privata, contro la pressione autoritaria dello Stato, ecc. Sognò di fare un salto dalle classi e dallo Stato, verso un paradiso anarco-comunista e ateista. Fu un'utopia, ma un'utopia pura e umana.

I nemici principali lungo questo percorso, secondo l'opinione di Bakunin, erano lo Stato, la proprietà privata e la Chiesa. In quel caso il compito principale consisteva nel formare una forza chiaramente rivoluzionaria e negativa, la quale avrebbe distrutto lo Stato, senza creare una nuova dittatura, nemmeno la dittatura del proletariato, proclamata da Karl Marx.

Al posto di una fede cieca, Bakunin offrì l'amore e la solidarietà. Egli affermava: “Ciò che separa una persona dall'altra è l'egoismo…, ciò che unisce una persona all'altra è l'amore. Quanto più l'uomo si basa sull'apparenza esteriore, tanto più odia; quanto più l'uomo è interiormente ricco, tanto più egli ama. Questa conclusione corrisponde completamente, oltre che al punto di vista religioso, alla concezione esistenzialumanista di una persona. Troviamo questo concetto nelle opere di vari filosofi umanisti: Sartre, Berdiaev, Fromm, Unamuno, Dostoyevski e altri ancora. L'idea dell'umanesimo condusse Bakunin verso l'idea dell'amore per la libertà. In una lettera a suo fratello, datata nel marzo del 1845 scrisse: “Liberare l'uomo, ecco l'unico atto legittimo e benefico… Non perdonare, ma lottare contro i nostri nemici, perché sono i nemici di tutto l'umano che c'è in noi, i nemici della nostra dignità, della nostra libertà.

Il rifiuto dell'umiltà cristiana e l'idea della lotta per la libertà e per il sole dell'Anarchia diventarono il filo di Arianna di tutta la vita di Mikhail Bakunin. La quintessenza del suo credo fu la consegna: “La libertà nell'uguaglianza”, la quale sarà conseguita solo grazie ad una completa rivoluzione morale e sociale.

L'organizzazione di una futura società socialista dovrebbe basarsi, secondo Bakunin, sui principi seguenti: • liquidazione della proprietà privata; • separazione della Chiesa dallo Stato; • libertà di coscienza e culto; • libertà assoluta di ogni individuo che viva del suo proprio lavoro; • abolizione di classi e stati; • dissoluzione dello Stato autoritario e creazione di un sistema di comunità autonome; • diritto universale di voto; • libertà di stampa e di riunione; • rispetto reciproco e solidarietà; • autonomia di comuni e province, con diritto di autogoverno; benessere e libertà delle nazioni; • rifiuto delle ambizioni imperiali e coloniali; • uguaglianza economica e abolizione del diritto di eredità; uguaglianza tra uomo e donna; • matrimonio libero; • rifiuto di ogni genere di discriminazione.

Oggi potremmo, senza alcun dubbio, sottoscrivere tutti questi principi della struttura sociale. Ma ci si chiede: come raggiungerli? Bakunin sottolineò che la solidarietà sociale è la prima legge umana, la libertà è la seconda legge della società… Libertà non vuol dire negare la solidarietà ma, al contrario, la prima implica lo sviluppare e, se possiamo dir così, umanizzare la seconda. Questa conclusione di Bakunin ci sembra estremamente importante, dal momento che racchiude l'essenza della sua concezione.

Il principio della solidarietà è incarnato ancor più profondamente nelle opere di Piotr Kropotkin. Egli arrivò a riconoscerne l'importanza primordiale prendendo in considerazione altri giudizi: dopo aver analizzato scientificamente lo sviluppo della natura e del mondo animale. In una certa misura, a differenza di Bakunin, Kropotkin mise al primo posto non la libertà, ma proprio la solidarietà. Anche se entrambi sottolinearono l'unità dialettica e l'interdipendenza tra le due. Polemizzando con Charles Darwin, lo scienziato zoologo russo Kesler osservò: “Il mutuo aiuto è la stessa legge naturale della lotta reciproca, tuttavia, per lo sviluppo ed il progresso di una specie, la prima è molto più importante della seconda”. Kropotkin riconobbe che questa idea risulta essere la chiave di tutto il problema. “Riteniamo inoltre che il ruolo principale nello sviluppo etico ed intellettuale dell'essere umano sia giocato proprio dall'aiuto reciproco, dalla solidarietà, dall'attività d'insieme”. Questo non vuol dire che il mandato della lotta per l'esistenza venisse negato. Al contrario, l'istinto egoista di conservazione, così come la forza degli interessi personali, sono sempre stati i tratti propri di ogni individuo; ma, per poterli realizzare, l'uomo aveva bisogno propio della solidarietà, della lotta d'insieme per la sopravvivenza di una generazione, senza alcuna implicazione di motivi altruistici. Il mutuo aiuto è stato, e continua ad essere, la migliore dote per l'evoluzione dell'uomo in un senso positivo, vale a dire per umanizzare la sua esistenza sociale, personale e fisica. Appoggiandosi a questa conclusione, Piotr Kropotkin offrì la sua personale visione sulla strutturazione della società del futuro: un comunismo cooperativo e senza potere. Nel pensiero di Kropotkin, al posto dello Stato antiumano si dovrebbe stabilire una società di solidarietà, libera da ogni forma di potere autoritario, rappresentata da una federazione di comunità libere di produzione, nelle quali una persona, liberata dal controllo del potere, otterrebbe una libertà illimitata per autosvilupparsi in condizioni di benessere collettivo, di solidarietà e di giustizia. A partire da qui, Piotr Kropotkin arrivò, come Mikhail Bakunin, a concludere per la necessità di abbattere lo Stato con metodi rivoluzionari, e di creare un nuovo modello (destatizzato) di società anarco-comunista.

Tuttavia, non appena si intavolava una conversazione a proposito di una rivoluzione destinata a porre fine allo Stato, alla proprietà privata ed alla chiesa onnipotente, immediatamente si poneva la questione dei metodi e delle forme di tale demolizione; la questione, in primo luogo, della violenza. Inevitabilmente sorgeva una maledetta contraddizione tra un obbiettivo ideale ed umano che includeva la libertà, l'eguaglianza, la solidarietà, la giustizia, ecc. da una parte e, dall'altra, la necessità di utilizzare i mezzi più orribili, disumani e violenti per il raggiungimento di questo sublime scopo. Riassumendo, veniva ammessa una liquidazione primitiva di una parte della società, anche se di una minoranza, in cambio della vita e della felicità della parte restante. In tal modo la più etica ed umana delle intenzioni coesisteva o, meglio, si convertiva in amoralismo e violenza, in antiumanesimo. Tale contraddizione fu propria non solo dell'anarchismo, ma di ogni costruzione nella quale il bene dell'umanità è ottenuto mediante la violenza, per spiccare il gran balzo dal regno del male e dell'ingiustizia verso un chimerico mondo della felicità. Questa apologia della violenza rivoluzionaria (soprattutto nelle opere di Bakunin) offuscò il segno chiaro ed umano della sua visione del mondo.

Karl Marx osservò con chiarezza: “Un obbiettivo che esige mezzi ingiusti non è un obbiettivo giusto, in nessun modo”. Abbiamo il diritto di rivolgere questa osservazione sia agli anarchici che ai comunisti. Tanto gli uni quanto gli altri furono capaci di intraprendere (ed intrapresero) il cammino della violenza più crudele allo scopo di demolire in modo rivoluzionario la società precedente.

Pierre Joseph Proudhon, fondatore dell'anarchismo, proclamò: “Abbasso i partiti, abbasso il potere; libertà assoluta all'uomo e al cittadino, questo è il nostro credo politico e sociale”. Quell'abbasso comprendeva la violenza. L'anarchico tedesco K.Heintzen, seguace di Proudhon, giustificò la sua ineluttabilità caratterizzandola come un castigo che le autorità meritavano. “La loro parola d'ordine è l'assassinio, la nostra risposta è l'omicidio. Essi hanno bisogno di uccidere, noi rispondiamo con le stesse forme. L'assassinio è il loro argomento, mentre per noi l'assassinio rappresenta la nostra confutazione”. “Anche se si spargerà un intero mare di sangue, continuava Heintzen, non ci rimorderà la coscienza”. Secondo i suoi calcoli, si sarebbero dovuti assassinare solo (!) due milioni di nemici, per poi arrivare ad un'epoca di anarchia e di felicità.

Fu così che l'estremismo anarchico, nell'epoca di Mikhail Bakunin e in conseguenza della personale autorità di questi, trasformò l'anarchismo nel terrorismo politico internazionale. Negli anni 40-60 del secolo scorso ci furono più di 20 attentati contro i familiari dello zar. Negli anni 60 del secolo XIX, per iniziativa di N.Ishutin, venne fondata una società terroristica clandestina, L'Inferno, la quale concentrò tutti gli sforzi nel progettare complotti contro la monarchia. Secondo l'opinione di Bakunin, un autentico rivoluzionario si pone al di fuori della legge pratica e al di fuori delle emozioni. Si identifica con i banditi, i predatori, con tutti quelli che danno l'assalto alla società borghese saccheggiandola senza scrupoli e sterminando la proprietà altrui. In una delle sue lettere, l'ideologo dell'anarchismo si espresse giustificando tutti i mezzi possibili: veleno, coltello, cappio, ecc. La rivoluzione li consacra tutti. In tal modo il campo resterà libero. Nella pratica l'anarchismo, essendo un moto rivoluzionario delle classi basse, cancellava dalla faccia della terra tutte le qualità umane ed etiche della propria dottrina. Anche il cosiddetto Catechismo Rivoluzionario spinge verso l'ostilita'. Scritto in parte dallo stesso Bakunin, in parte dal suo seguace Serguei Nechaev, in parte da tutti e due assieme, esso era una specie di Statuto e Programma degli anarchici rivoluzionari. Secondo il Catechismo, un rivoluzionario deve rompere con ogni genere di ordine civile, con tutto il mondo colto, con tutte le leggi, con la decenza, con le regole adottate da tutti, con la moralità di questo mondo. Egli conosce un solo sapere, quello del distruggere. Un tale inquadramento unilaterale, precedendo l'aspetto creativo della rivoluzione, mette in dubbio l'intera dottrina anarchica, trasformandola in qualcosa di amorale.

L'anarchia convertiva la libertà in distruzione; la rivoluzione in una serie di omicidi: inizialmente di alcuni individui, in seguito di massa; in realtà la solidarietà si convertiva in odio e sterminio reciproco.

Curiosamente, qualcosa di simile accadde con il comunismo. Friedrich Engels, nella sua lettera a Gerson Trir del 18 dicembre 1889, riconobbe apertamente la supremazia dell'obbiettivo sui metodi: “A me, come rivoluzionario, va bene qualsiasi mezzo che conduca all'obbiettivo da raggiungere, tanto i più violenti come quelli a prima vista più pacifici”. La storia ha mostrato tutta la tragedia ed il dolore arrecati alla gente a causa di una tale morale rivoluzionaria.

Su ognuno di noi, continuamente e ad ogni istante, sta in agguato la trappola del disaccordo tra gli obbiettivi ed i mezzi per raggiungerli. Ogni volta dobbiamo fare una scelta, a volte molto difficile: rinunciare all'obbiettivo in considerazione dell'amoralità dei mezzi per raggiungerlo, o non prestare attenzione alla morale, realizzando quello che era stato progettato? Non c'è una sola risposta per tutti i casi della vita. Nelle stesse circostanze, uno prenderà la prima decisione, un altro sceglierà la seconda. E' facile disapprovare gli altri, tuttavia risulta molto più difficile pretendere da se stessi.

Le personalità ed i comportamenti dei due grandi anarchici, Bakunin e Kropotkin, furono differenti tra loro. Kropotkin non si è mai schierato a difesa del veleno e del pugnale. Considerò abominevole e riprovevole ogni forma di cinismo e di amoralismo, manifestando forse con ciò il suo spirito aristocratico, al contrario di Bakunin il quale, dopo tutto, fu anch'egli figlio di possidenti terrieri e non conobbe la povertà. Lo spirito esaltato di quest'ultimo, la sua energia inquieta e irrefrenabile spesso lo trasportarono molto lontano dai principi di amore, libertà e solidarietà che aveva egli stesso proclamato. Kropotkin, al contrario, fu una persona propensa ad elevarsi verso il sublime; senza infrangere mai le leggi etiche. La tragedia dell'anarchismo russo fu quella di una dottrina che, pur con un valido contenuto umanista, crollò sotto il duro peso della pratica rivoluzionaria. Ancora oggi questa lezione ha per noi un significato universale. Il nuovo movimento umanista deve conoscere l'esperienza storica, per evitare la stessa trappola che molti anni fa fece inciampare non solo Bakunin e Kropotkin, ma anche molte altre buone e nobili personalità.

cmsu/pubblicazioni/annuario95-2.txt · Ultima modifica: 2010/06/05 20:26 (modifica esterna)