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Annuario del Centro Studi Umanista Mondiale (1995)

L’UMANESIMO NELLA CULTURA RUSSA dell’Accademico León Pushkarev

Mosca, Dicembre 1995

L’UMANESIMO DELL’ILLUMINISMO RUSSO. I PENSIERI SULLA PACE (secoli XVII - XVIII)

Nonostante l’insegnamento in Russia si sviluppasse nell’inquadramento del movimento di idee europeo , esso acquisì una serie di particolarità condizionate dall’originalità del processo storico russo. Le più importanti furono: l’orientamento umanista, la straordinaria acutezza della proposta sulla questione contadina e la varietà nella composizione sociale dei partecipanti ai movimenti antifeudali. Molte idee dell’Illuminismo Russo furono peculiari, estranee ai paesi dell’Europa Occidentale, in particolare l'ampia discussione su una delle idee più umane dell’umanità: la questione della pace. L’ideologia dell’Illuminismo Russo mise le sue radici nel XVII secolo, quando per la prima volta nel pensiero sociale cominciarono ad essere proposte le questioni sul ruolo dello Stato nella difesa della patria, sulle guerre difensive, sulle guerre di rapina. Ma la vera fioritura delle discussioni in merito ebbe luogo nella seconda metà del XVIII secolo. Proprio in quel periodo i discepoli e gli adepti del grande Lomonosov sottoposero alla critica il misticismo e la scolastica medievali. Essi sostenevano il diritto dell’uomo alla libertà e alla proprietà, esigevano l’osservanza delle basi del “diritto naturale” e del “trattato sociale” come i principi più importanti dell’organizzazione della vita della società.

I rappresentanti della classe governante cercavano di argomentare la legittimità e la necessità, per la Russia, di una forma di governo assolutista. A sua volta, il pensiero sociale discuteva questioni riguardanti il carattere del potere politico, le relazioni reciproche tra il potere e le fasce sociali, il limite della libertà dell’uomo, le strade dello sviluppo della società e dello Stato.

Tra i molti problemi, un posto a parte era occupato dai pensieri sulla pace come la condizione desiderabile e necessaria per l’esistenza dello Stato e del popolo. La stessa realtà obbligava a pensare alle questioni della guerra e della pace poiché tutto il XVIII secolo (in Russia e in altri paesi europei) era saturo di guerre quasi ininterrotte. Fu il secolo delle grandi sommosse sociali, delle trasformazioni pubbliche e delle lotte di classe, il secolo della grande rivoluzione borghese e della guerra contadina sotto il comando di Emil Pugachov. Le guerre feudo-dinastiche scossero letteralmente l’Europa nel XVIII secolo. Non è un caso che i pensatori tanto dell’Europa Occidentale quanto russi arrivarono alla medesima conclusione sul carattere distruttivo delle guerre per l’Umanità. Nella loro coscienza le guerre sanguinose non concordavano con le concezioni sulla società organizzata ragionevolmente. Quindi l’attività di Lomonosov ha rappresentato una fase importante nello sviluppo delle idee sulla pace e sulle guerre giuste e ingiuste. Egli sottolineava sempre che la Russia era arrivata alla guerra con la Svezia “per difendere la patria, per la sicurezza dei suoi sudditi”. Già nella sua prima ode “La presa di Jatin” aveva valutato la vittoria delle truppe russe come la condizione necessaria per il lavoro pacifico dei contadini e dei commercianti. Lomonosov aveva cantato nelle sue odi la pace e il silenzio che era stato raggiunto dopo quelle terribili guerre .

La politica estera, come affermava Lomonosov, doveva avere un carattere umano e pacifico, ma a condizione dell’inviolabilità delle frontiere e dell’indipendenza dello Stato. La pace e l’indipendenza - diceva - sono le condizioni necessarie per lo sviluppo economico e culturale dei popoli. Qualsiasi guerra è prima di tutto una calamità per il popolo. Appunto per questo egli con ogni forza poetica ed espressiva disegnava la pace desiderabile, il “riposo nei paesini russi”.

Nella seconda metà del XVIII secolo, questo problema aveva cominciato ad essere discusso ampiamente nel pubblicismo. Così J. Bogdanovich, traducendo vari articoli dell’Enciclopedia francese, tradusse anche i pensieri dell’abate Saint-Pierre sulla Pace eterna. A. P. Sumarokov approfittò di una conversazione immaginaria tra Alessandro il Macedone e Gerastato per condannare la politica di conquista del devastatore dell’universo.

Il diritto internazionale si converte in disciplina di insegnamento dapprima nell’Università di Pietroburgo e, dal 1755, nell’Università di Mosca. Vengono dati alla luce lavori particolari (tradotti dagli originali) dedicati agli aspetti teologici e filosofici dei problemi della guerra e della pace. Il professore e traduttore del collegio della camera di Mosca B. Solotnitskiy intitolò un capitolo di uno dei suoi libri di diritto “della guerra e della pace”. B. Solotnitskiy non nega il diritto dell’uomo alla difesa armata di se stesso e del suo prossimo, ma avverte che prima bisogna utilizzare tutti i metodi pacifici e umani e i negoziati per risolvere i conflitti. Prima di cominciare la guerra è necessario considerare “se veramente l’offesa merita la guerra”. “La guerra giusta” è solamente quella che è impossibile evitare senza soffrire di un danno più pesante della guerra. E’ abbastanza significativa la conclusione dell’autore: Il risultato della guerra è “il riposo o il silenzio”. Per questo vale la pena utilizzare tutti i metodi affinché l’avversario “deponendo le armi, intavoli negoziati di pace”. Seguendo le tradizioni del pensiero sociale precedente, l’autore vuol “sentire pietà per coloro che non possono partecipare alle battaglie, per tutti i disarmati e gli incapaci di usare le armi, per le donne, i vecchi, i bambini e le serve”. L’autore termina il suo libro con un vero inno alla pace.

La difesa della pace e la condanna della guerra è il tema di molte novelle politiche e moralizzatrici. Questa tendenza si era manifestata più vivamente nelle novelle di M. Jeraskov. Il novelliere descrive la società fortunata “… guidata da un monarca ideale. Egli è l’eletto dal popolo, non solo è governante di alta moralità, ma anche abile contadino. Egli, quando si toglie la corona, è il primo ad arare”. Nello stato ideale tutti lavorano: gli alti dignitari dividono il lavoro insieme agli agricoltori. L’ideale di Jeraskov non è l’eroe-conquistatore bellicoso, ma il lavoratore-civilizzatore. Jeraskov difendeva il principio della monarchia illuminata, affermava il ruolo dei saggi consiglieri dello zar, il quale con il suo esempio personale conduce dietro di sé il suo popolo.

Tutte queste variazioni letterarie sul problema della guerra e della pace non furono altro che la fase preparatoria a quel periodo dell’Illuminismo Russo. Così i pensieri sulla pace cominciarono ad interessare profondamente i pensatori e gli storici. Il primo che intervenne decisamente a favore dell’umanesimo e delle relazioni pacifiche tra i popoli in base ai vincoli commerciali, nel 1768, fu il professore di diritto dell’Università di Mosca S. Desnitskiy. Egli affermava che tra i popoli dovevano esistere relazioni pacifiche di buon vicinato e che i governi dovevano realizzare solamente la politica amante della pace. La politica di conquista terminava inevitabilmente nella bancarotta. Le guerre non uniscono, ma dividono i popoli, solo il commercio serve da ponte per le relazioni internazionali salde, precisamente il commercio, più di qualsiasi altro mezzo, unisce e consolida i popoli. Le opinioni di S. Desnitskiy sulla guerra e sulla pace erano in completa contraddizione con le idee del famoso mandato (“Nakas”) di Caterina II, che difendeva apertamente il diritto del sovrano alle conquiste, sostenendo che qualsiasi popolo voleva, poteva, o si vedeva obbligato a commettere violenza contro qualche altro popolo. Per questo Caterina dichiarò come oggetto del diritto “la vittoria e la conservazione di tutto quanto acquisito con la vittoria”. A sua volta, il professore russo si presentava come il sostenitore delle relazioni umane pacifiche tra gli stati.

Criteri simili rispetto a questo stesso problema erano espressi dal civilizzatore russo e filosofo materialista J. Koselskiy. Nel suo lavoro “Le proposizioni filosofiche” (1768) scrisse che nessuno aveva diritto di esporre le terre alla devastazione e i popoli allo sterminio. Perché la gente assassinata non può servire per nuovi guadagni, e neanche può comparire altra gente uguale. Quella gente è necessaria per il “lavoro utile” e non per la guerra. Se il popolo arriva alla guerra per la sua indipendenza, tale guerra è giusta, di difesa, e finisce sempre con la vittoria, anche se lo Stato è forte e sviluppato. La guerra non deve essere il metodo per risolvere i conflitti, tale è l’idea principale di K. Koselskiy.

Fermiamoci ora sul contributo del famoso civilizzatore N. Novikov nell’interpretazione del problema della guerra e della pace. Nel 1781, rispondendo a numerosi resoconti sulle azioni militari nella guerra per l’indipendenza negli USA del 1775-1783 (pubblicati sul periodico Vedomastri di Mosca), N. Novikov cercò di esprimere il suo criterio sulla guerra. Egli anzitutto è contro il pacifismo il quale, come si sa, condanna qualsiasi guerra senza distinguere tra guerre di difesa e di conquista. Il nostro autore scrive: “La guerra come tale non è lo spargimento di sangue e il fenomeno che provoca il timore, la guerra è la difesa giusta degli oppressi contro l’oppressore ingiusto ed è vendicatrice della lealtà violata, è il tempo in cui una parte dei sudditi arrischia la propria vita in favore della tranquillità dei suoi compatrioti, per il benessere della società e a beneficio del suo sovrano”. Distinguendo le guerre giuste da quelle ingiuste, l’autore afferma: “Che il bene come il risultato della guerra giusta e basata sulla verità copre il male che porta con sé”. “L’Amore per la Patria, l’amore per il benessere sociale ci obbligano a consacrare con piacere i nostri beni e la nostra vita al rafforzamento dello Stato e alla felicità dei concittadini”. L’autore considera che guerra giusta quella che viene portata avanti stabilendo un nuovo regime più avanzato.

Le idee di condanna della guerra e di difesa della pace sono un contributo non solo dei civilizzatori russi citati. Tali idee penetrarono nella letteratura anonima scritta a mano. Così, in una raccolta anonima manoscritta troviamo le seguenti opinioni: “L’anima monarchica del governo è la guerra” e “l’anima della repubblica è spirito di pace e moderazione”. Il nostro autore considera la difesa dagli invasori stranieri come la guerra giusta ed è stupito perché (nessuno) nessun sacerdote (ha fatto alcuna dichiarazione morale contro la guerra), quando si dirigeva ai suoi lettori con l’appello “Non vendete il vostro sangue agli zar, i quali non vi conoscono… e vi trattano come cani”.

A. Radishev nel suo “Viaggio da Pietroburgo a Mosca” conclude la discussione del problema della guerra e della pace nell’epoca dell’Illuminismo. Lo scritto condanna fortemente Alessandro di Macedonia e le sue guerre di rapina ed esclama: “Privato della ragione. Guarda la sua marcia. Il vortice brusco del suo volo, passando per il tuo luogo, trascina con sé gli abitanti, e tirando la forza dello stato dietro di sé, lascia il deserto e la superficie morta…”. Radishev condannava le guerre perché portano alla gente non la libertà, ma la schiavitù: “L’abitudine bestiale di soggiogare il proprio simile… si estese sulla faccia della terra rapidamente, ampiamente e lontano… e noi abbiamo percepito questa abitudine… e l’abbiamo conservata incrollabilmente”. Radishev intendeva che solo la ristrutturazione della società sulla base di nuovi principi può difendere l’uomo dalla violenza e dall’essere soggiogato. Terminando la considerazione del problema umano sulla pace e sulla guerra nel pensiero sociale dell’epoca dell’Illuminismo, si può dire con certezza che in tale epoca in Russia erano emersi non gli imitatori deboli, non i discepoli timidi dei colleghi dell’Europa Occidentale, ma i pensatori forti, originali, che difendevano profondamente e coerentemente la stessa idea di pace, una delle idee più umane dell’umanità. Il sogno della pace eterna sulla terra non riuscì a realizzarsi. I secoli XIX e XX portarono all’umanità l’acuirsi di contraddizioni sociali senza precedenti e guerre che tutta la storia precedente non aveva conosciuto. Nel mondo contemporaneo la violenza e le guerre continuano in molti punti del mondo, portando morte e sofferenza alla gente. Tutti i lavori delle forze democratiche e progressiste non danno il risultato desiderato. La Francia fa esperimenti con le bombe atomiche, non si vede la fine della guerra in Cecenia; continua ad essere pericolosa la situazione nei Balcani, nascono conflitti armati in Medio Oriente, in alcuni paesi dell’America Latina e in Africa. Tutti questi avvenimenti sanguinosi stimolano il movimento umanista in favore della pace, contro la violenza, accrescendo le sue azioni per la difesa dell’uomo, della sua vita e della sua felicità.

cmsu/pubblicazioni/annuario95-7.txt · Ultima modifica: 2010/06/05 20:26 (modifica esterna)