Spiritualità: tra Mito ed esperienza

Fulvio De Vita

Ciclo di Incontri “IspirataMente” - Libreria Assaggi – Roma
18 Ottobre 2011

Intanto vorrei ringraziare la libreria Assaggi per ospitare questi incontri ispiratori. Ringrazio anche il Centro di Studi Umanista “Salvatore Puledda” per averli organizzati, e ringrazio tutti voi di essere qui a partecipare con noi in questi tentativi.

Vorremmo dedicare questo incontro all'esperienza. Ma non a un'esperienza qualsiasi, di quelle che si hanno mentre viviamo la nostra vita quotidiana, persi nelle cose da fare, nelle divagazioni, nelle preoccupazioni. Vogliamo dedicarci a quel tipo di esperienza eccezionale che solo in rare occasioni ci ha sfiorato. In momenti particolari, in situazioni particolarmente ispirate e felici.

Chi di noi, infatti, non ha vissuto almeno una volta l'esperienza dell'innamoramento? In quei momenti si percepisce il mondo in modo particolare; uno sente, per esempio, che il tempo diventa infinito, come se quell'istante durasse per sempre e tutto diventasse possibile. Chi di noi non ha avuto voglia di scrivere una poesia, una canzone o dipingere un quadro, perché spinto da una necessità di esprimere qualcosa che andava oltre se stessi? Qualcosa che si sperimentava come una profonda commozione e allegria. Chi di noi non è rimasto stupito di fronte allo spettacolo della natura, ad un tramonto, ad una tempesta e non si è sentito per alcuni istanti in un modo diverso, come se fosse in collegamento con l'Universo intero?

Cos’è successo in quei momenti? Con quale parte di noi siamo entrati in contatto? Esiste in noi una parte invisibile, che si risveglia in certe situazioni e non sappiamo neanche spiegare perché?

Quando parliamo di spiritualità, nel linguaggio comune, stiamo parlando di qualcosa di immateriale, qualcosa che non si vede e che è difficile da spiegare agli altri. In generale la spiritualità viene intesa come diversa dalla materialità: la materialità della vita quotidiana, degli oggetti fisici del mondo, delle percezioni esterne, è diversa da una dimensione spirituale, in cui l'importante è l'intangibile, ciò che non si può toccare o vedere, ciò che si sperimenta interiormente e non ha correlati fisici visibili.

È dato per scontato che la spiritualità sia un'esperienza interiore, un'esperienza profonda e intima. A volte la spiritualità viene anche riferita ad un popolo, ad un'epoca, ad un movimento religioso specifico. Spesso si sente dire che l'Oriente è considerato un continente con una profonda spiritualità, differenziandolo da un tipo di cultura più materialista. Sembra proprio che tale esperienza profonda e individuale, possa espandersi a popoli interi e che essa possa trasformarsi, in certe occasioni, in una forza inarrestabile che modifica il corso della storia.

Pensiamo ad alcuni grandi movimenti spirituali della storia: il Buddhismo in India, che poi si è diffuso con grande forza in tutta l'Asia; la religione di Zoroastro in Persia, chiamata anche mazdeismo; l'Islam nei primi secoli del suo sviluppo e lo stesso Cristianesimo. Più recentemente abbiamo visto l’ampio movimento nonviolento di Gandhi che aveva, senza dubbio, una forte spinta spirituale. Abbiamo anche visto scuole cosiddette filosofiche, cioè con caratteristiche non spiccatamente di tipo religioso, che hanno avuto nell'esperienza spirituale e interiore il centro della loro dottrina e della loro forza. È il caso, per esempio, di alcune scuole presocratiche, come quella di Pitagora e di Parmenide, che hanno dato impulso a cambiamenti enormi nella cultura occidentale.

In quei momenti della storia è come se un'esperienza spirituale profonda fosse stata sperimentata da un numero sempre maggiore di persone, fino a pervadere le popolazioni di alcune zone geografiche, arrivando spesso molto oltre lo stesso luogo in cui era nata. Come se fosse stata un'onda spirituale che successivamente ha dato luogo a religioni, a diverse filosofie, a decine di mistiche sociali e che ha prodotto in molti casi modifiche profonde nella cultura, nelle credenze, nel modo di stare nel mondo. È evidente che tali grandi cambiamenti hanno avuto luogo, prima ancora che nell'ambito sociale e culturale, all'interno delle persone che sperimentavano quella spiritualità.

Rispetto all'esperienza individuale, osserviamo che essa non ha a che vedere direttamente con gli oggetti del mondo quotidiano. Sembrerebbe piuttosto un tipo di esperienza o di ricerca che trascende il mondo visibile.

Per questo in una cultura materialista come la nostra ci riesce difficile parlare di spiritualità. Rimane arduo spiegarsi e comunicare la nostra esperienza ad altri. Spesso succede di rimanere nell'indefinito e nel vago, in una sensazione di inafferrabilità e di leggerezza. E subito ci chiediamo: “Di cosa stiamo parlando?” E torniamo rapidamente all'oggettuale, al mondo visibile, alle cose da fare stasera o domani.

Ma a parte i limiti che ci impone la cultura materialista, c'è una difficoltà reale a comunicare questo tipo di esperienze, spesso anche a noi stessi. C'è bisogno di tradurle in forme comprensibili, in parole o immagini che possano essere capite, prima di tutto da noi stessi e poi comunicate ad altri. Questo succede in generale con le esperienze, ma con quelle spirituali, che non hanno nessuna base percettiva, è ancora più complicato. Bisogna trovare delle parole che non si riferiscano a oggetti già conosciuti, delle immagini che possano sintetizzare, in modo allegorico o simbolico, quel particolare tipo di esperienza.

Così troviamo che l'arte, per esempio, è stato uno dei veicoli più utilizzati nel passato per comunicare questi elementi intangibili e spirituali delle esperienze interne e profonde.

Rumi, un poeta mistico vissuto tra l'Afghanistan e la Persia nel 1200, scrive:

“Tutto quanto concerne l'Anima si svela spontaneamente ed ogni sforzo razionale non fa che allontanarla. Questo perché la sua natura non è fenomenica. Si coglie col cuore come una poesia, come un'opera d'arte. Si sente, si ama ma nessun concetto, come ombra fugace, è ad essa adeguato”.

	Mevlana Jalaluddin Rumi

Con la poesia e con l'arte in generale si è spesso tentato di trasmettere e di comunicare tali esperienze, le esperienze più profonde, quelle che, alla fine, sono le esperienze più belle e piene di significato, le esperienze spirituali.

O forse, al contrario, la poesia e l'arte sono nate proprio nel tentativo di esprimere quelle esperienze. Forse l'essere umano nel corso della sua vita sperimentò grandi intuizioni, scintille di comprensione totale, esperienze di profondità infinita, e, nel tentativo di poterle esprimere, creò forme diverse di linguaggio e di comunicazione.

Si dice infatti che l'arte si basa su un'ispirazione, su un’esperienza non tangibile.

Vediamo in queste immagini, per esempio, come è stato rappresentato il Mito di Amore e Psiche da diversi autori e in diversi momenti storici.

Il Mito racconta che Amore (Eros) si unisce a Psiche (l'Anima) e le dona l'immortalità dopo aver superato diverse prove. L'Amore che dona l'Immortalità all'Anima. Qui abbiamo Amore e Psiche in un dipinto di Anthony Van Dick del 1639.

Lo stesso soggetto di Canova nel 1793.

Venere, la Bellezza. Secondo il mito, Venere, nascendo dalle acque primordiali del caos, porta l'armonia e la bellezza nel mondo.

Le Piramidi egizie. Molti si chiedono come abbiano fatto a costruirle, con quale tecnologia. Mi sono sempre chiesto come abbiano fatto a immaginarle, da quale ispirazione poteva provenire questa immagine. Non esistevano in natura, quindi non potevano copiarle. Erano tombe di Faraoni, ma è comunque improbabile che qualcuno riesca a immaginare una cosa del genere, se non vuole rappresentare qualcosa che va oltre il visibile.

Questa è un'opera moderna dal titolo “Liberazione”. Una figura simbolica di teatro-danza in cui i corpi dei ballerini esprimono un sentimento.

La danza di Krishna che crea il mondo.

L'aldilà, il Paradiso, visto dal pittore Giulio Romano, che ricorda stranamente un altro tipo di opera d'arte…

….una galassia.

Ma dove possiamo trovare veramente la testimonianza più rilevante della spiritualità dell'essere umano è l'enorme produzione mitologica e mistica che ha accompagnato, da tempi remoti, i diversi aspetti della vita umana. I miti, le leggende, la letteratura mistica e poetica, traducono in forme e parole visibili, l'intangibile, l'innominabile, ciò che non può essere detto, il Profondo dell'essere umano, utilizzando i linguaggi allegorici dell'ambiente culturale delle diverse epoche storiche e delle diverse civiltà.

Nella descrizione che gli ispirati hanno tentato di quell'esperienza si possono rintracciare i segnali di ciò che va oltre il paesaggio quotidiano epocale, fino ad entrare in risonanza profonda con esperienze spirituali in ognuno di noi.

In alcun testi troviamo vere e proprie descrizioni di esperienze o di tecniche per arrivare all'esperienza, come una specie di manuale. Come, per esempio, in “Il Segreto del Fiore d'Oro”, un libro taoista cinese della metà del '700 in cui si dice, quasi all'inizio:

“Ciò che è più stupefacente è il cristallizzarsi della Luce in un corpo spirituale, che gradualmente diventa operante a livello conscio, ed è sul punto di entrare in azione. Questo è il segreto che non è stato trasmesso per mille anni.”1

E più avanti:

“Quando metti in pratica per la prima volta questa tecnica, hai al sensazione del non-essere all'interno dell'essere. Alla fine, quando l'opera è compiuta e c'è un corpo oltre il tuo corpo, hai l'impressione dell'essere all'interno del non-essere.”2

In altri testi più antichi si utilizza invece, in corrispondenza con la cultura dell'epoca, un linguaggio più allegorico, meno tecnico, ma a mio parere altrettanto commovente e denso di significato.

Per esempio, leggiamo ora un breve brano dalle Upanishad (XI-VI sec. a.C.). Nel linguaggio utilizzato in quel contesto culturale, Brahaman è il Tutto, che contiene l'Essere e il Non-essere. L'Atman è lo spirito individuale, quello che si forma in ognuno dopo un percorso di ricerca spirituale. Dice:

“Questo è l'Atman che è nel mio cuore, più piccolo di un chicco di grano o di un chicco d'orzo o di un seme di mostarda… Questo è l'Atman che è nel mio cuore, più grande della terra, più grande del cielo, più grande di tutti i mondi. Esso contiene tutti gli atti e i desideri, tutti i profumi e i gusti…

Questo è l'Atman che è nel mio cuore. Egli è Brahaman. Quando tutti i desideri che aderiscono al cuore si dissolvono, allora un mortale diventa immortale e anche in questo mondo egli è uno con Brahaman.”3

In alcuni testi ancora più antichi, troviamo cosmogonie e mitologie grandiose che traducono in parole, in domande, in immagini, regioni profonde della Mente. Il prossimo testo è costituito da alcune strofe del Canto X, 129 del Rig Veda, il testo sacro forse più antico di cui abbiamo conoscenza. Le strofe che leggerò sono anche chiamate da alcuni il Cantico della Creazione o il Caos primordiale.

Allora non c'era ciò che non è, né ciò che è. Non c'era lo spazio né la volta celeste che gli sta sopra. Che cosa si andava muovendo? Dove? Sotto la protezione di che cosa? Vi era l'acqua, l'impenetrabile abisso?

Non c'era la morte allora, né l'immortalità. Non c'era distinzione del giorno e della notte. Respirava, ma senz'aria, per suo potere autonomo, soltanto Ciò, unico. Oltre a Ciò niente altro esisteva.

In principio vi era solo tenebra nascosta dalla tenebra. Acqua indistinta era tutto questo universo. Il germe dell'esistenza, che era avvolto dal nulla, grazie al potere del suo ardore interiore, nacque come l'Uno.

In principio fu il desiderio che si mosse sopra Ciò, il desiderio che fu il primo atto fecondante della mente. Il legame di Ciò-che-è con Ciò-che-non-è lo trovarono nel loro cuore i poeti, cercandolo con la meditazione.4

Un altro testo che trovo particolarmente significativo è tratto dalla mitologia cinese e viene ripreso nel libro di Silo Miti-radice Universali col titolo “Il Drago e la Fenice”.

Ma Long (il Drago) ama Feng, la Fenice che concentra il germe delle cose, che contrae ciò che Long tende. E quando Long e Feng si equilibrano, il Tao risplende come una perla bagnata dalla luce più pura. Non lotta Long con Feng perché si amano, si cercano facendo risplendere la perla. Perciò il saggio regola la propria vita secondo l’equilibro tra il Drago e la Fenice, che sono le immagini dei sacri principi dello Yang e dello Yin. Il saggio si colloca nel luogo vuoto cercando l’equilibrio. Il saggio comprende che la non-azione genera l’azione e che l’azione genera la non-azione. Che il cuore degli esseri viventi e le acque del mare, che il giorno e la notte, che l’inverno e l’estate, si succedono nel ritmo che il Tao traccia per loro. Alla fine di questa età, l’universo, dopo essere giunto al suo grande stiramento, tornerà a contrarsi come pietra che cade. Tutto, perfino il tempo, si invertirà tornando al principio. Il Drago e la Fenice si rincontreranno. Lo Yang e lo Yin si compenetreranno, e sarà tanto grande la loro attrazione che assorbiranno tutto nel germe vuoto del Tao. Il cielo è alto, la terra è bassa; così sono determinati il creativo e il ricettivo… con questo si rivelano i cambiamenti e le trasformazioni.5

Abbiamo letto solo alcuni brani, ma potremmo continuare per ore, scoprendo quanto durante tutta la storia umana queste esperienze siano state presenti. Possiamo solo citare la Filocalia, una raccolta di testi e meditazioni dei cosiddetti Padri della Chiesa, mistici cristiani vissuti nei primi secoli della nostra era. Oppure scritti e poemi di mistici sufi, che si svilupparono in scuole diverse all'interno dell'Islam. Abbiamo citato prima Rumi, ma c'è Al-Hallaj e molti altri.

Leggendo questi scritti ci si accorge immediatamente della spiritualità che li pervade e di cui, a nostra volta, veniamo pervasi. Non rimaniamo indifferenti a questi testi, scritti molti secoli fa, come se ci toccassero intimamente e ci mettessero in comunicazione con una dimensione diversa, con un modo di vedere e sentire il mondo libero dai determinismi della nostra storia personale, delle nostre preoccupazioni e dei nostri condizionamenti.

Un sentimento leggero come un vento, una profondità commovente, una visione senza limiti, ci mettono in contatto con una parte di noi consapevole del fatto che non sarà la violenza a governare il mondo, che non sarà l'entropia che prevedono alcuni scienziati a guidare le nostre vite e che non sarà Wall Street a dettare le nostre leggi.

Scopriamo, con grande sconcerto per la nostra mentalità materialista, che i miti e la letteratura mistica ci parlano ancora. Che non sono favolette infantili, come abbiamo creduto, che si raccontavano quando l'Essere Umano era ancora bambino, ma traduzioni di un'essenza che è al di là dei nostri occhi. Traduzioni di un'esperienza profonda e unica che è ancora presente in noi.

La domanda che ci vogliamo fare a questo punto è: Quell’esperienza profonda e rivelatrice di significati, tradotta in termini leggibili in migliaia di miti e di mistiche antiche, è ancora raggiungibile? È ancora possibile per l'essere umano moderno sfiorare quella profondità e quel significato? Oppure crediamo che quell'esperienza non sia più necessaria, che faceva parte di un passato che non tornerà più?

Come mai, se non è più raggiungibile, ancora ci succedono “strane commozioni” quando leggiamo un antico mito o una poesia di un mistico? O quando ci sentiamo fratelli con le persone che ci circondano? Quando amiamo o proviamo compassione per gli altri? Quelle commozioni inspiegabili e improvvise che ci fanno saltare al di là delle preoccupazioni quotidiane e che ci mettono all'improvviso di fronte al futuro, alla libertà, alla possibilità, all'esistenza del nostro Spirito in comunicazione con Tutto.

Nella nostra vita, forse molto tempo fa, quando ancora non eravamo sommersi dalle “cose da fare”, ognuno di noi può trovare un momento o diversi momenti, in cui si è sentito in comunicazione con tutti e con l'intero Universo. Qualcosa di incomprensibile è accaduto in quei momenti e non lo abbiamo capito. Abbiamo accantonato quell'esperienza come “non-utile”, “non comprensibile”, “non comunicabile” e ce ne siamo scordati. Ognuno di noi ha avuto, senza ombra di dubbio, in qualche momento della sua vita un'esperienza spirituale profonda, quell'esperienza particolare che ci mette in comunicazione con qualcos'altro e che è capace di dare senso e significato alla nostra vita. La cultura e la quotidianità ci hanno impedito di riconoscerla e coltivarla.

Si tratta di quell'esperienza a cui sono legate le nostre migliori aspirazioni, quelle aspirazioni sacre che teniamo in fondo al cuore e a cui ricorriamo nei momenti più oscuri, quelle aspirazioni profonde che ci hanno guidato e che danno senso alle nostre ricerche. L'esperienza del Profondo è presente in noi. È raggiungibile e sperimentabile. Ha solo bisogno di trovare la corretta traduzione, il Mito che corrisponde alla nostra epoca.

Un Mito che sorgerà con forza nel momento in cui si risveglierà la profonda spiritualità dell'essere umano. Quella spiritualità che ha dato forza e direzione nei momenti difficili, che ha permesso di superare le crisi di crescita di questo essere con due braccia e due gambe, che solo da poco si sta rendendo consapevole della sua vera essenza. Quella spiritualità che già inizia a crescere nel profondo del nostro cuore, come risposta alla crisi profonda che sta percorrendo i quattro angoli della terra. Un risveglio che non potrà andare verso il passato, riscoprendo miti ormai trascorsi e perduti, ma che piuttosto guarda al futuro come necessità di un nuovo salto evolutivo della coscienza. Una spiritualità, non soggetta ai dogmi di religioni arcaiche e superate che sono servite al loro tempo, che hanno tradotto quelle esperienze con le immagini della loro epoca e che ormai non corrispondono più. Non un salto verso il passato, quindi, non un regresso dell'essere umano a regioni di inconsapevolezza e di superstizione, ma piuttosto una nuova coscienza, una nuova consapevolezza, una nuova lucidità che darà luogo alla nascita del Mito del futuro. Certo, non stiamo parlando di un lavoro intellettuale che fanno a tavolino alcuni studiosi e sapienti. Stiamo parlando di come poter accedere a quell'esperienza. Il Mito, poi, si rivelerà per la propria forza.

Vorrei concludere con le ultime parole del libro Lo Sguardo Interno di Silo: “Così, oggi vola verso le stelle l'eroe di quest'età. Vola attraverso regioni prima ignorate. Vola verso l'esterno del suo mondo e, senza saperlo, è spinto verso il centro interno e luminoso.”6