L'intuizione di un piano nell'esistente: la religiosità cosmica di Einstein

Federica Fratini

Ciclo di Incontri “IspirataMente” - Libreria Assaggi – Roma
22 novembre 2012

ANCHE GLI SCIENZIATI CERCANO IL SENSO DELLA VITA “Qual è il senso della nostra esistenza, qual è il significato dell'esistenza di tutti gli esseri viventi in generale? Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti religiosi. Voi direte: ma ha dunque senso porre questa domanda? Io vi rispondo: chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi simili sia priva di significato è non soltanto infelice, ma appena capace di vivere.” Questa affermazione non è presa da un testo religioso, ma da “Come io vedo il mondo” di Albert Einstein. Spesso mi capita di essere circondata da persone che trovano futile interrogarsi sul senso della vita. Non le biasimo, noi occidentali viviamo in un mondo che da Cartesio ad oggi ci ha abituato a pensare che la realtà, la natura che possiamo studiare e prevedere con il metodo scientifico, è la sola realtà di cui abbia senso parlare. Eppure moltissimi scienziati e la scienza moderna in generale, principalmente la fisica, ci parlano di una realtà che esiste, ma che non siamo capaci di cogliere per i limiti del nostro psichismo e dei nostri strumenti. Una realtà fisica dalle caratteristiche metafisiche, che raramente si riesce ad intuire, una realtà di cui ci parla la scienza ma anche l’antica saggezza greca e orientale ed è quantomeno curiosa questa corrispondenza… Stasera parleremo di questo e di come questo piano fisico-metafisico abbia a che vedere con la nostra vita.

Iniziamo con le testimonianze di alcuni grandi scienziati. “La mia religione consiste in un’umile ammirazione dello spirito superiore e infinito, il quale si rivela nei dettagli minuti che riusciamo a percepire con le nostre menti fragili e deboli. Ecco la mia idea di Dio, la convinzione profondamente emotiva della presenza di una razionalità suprema che si rivela nell'universo incomprensibile.”1

“Da un’esplorazione sempre più approfondita della nostra visione di base si comprende una coerenza sempre maggiore e così arriviamo a vivere con un'impressione sempre più ampia di un’armonia eterna ed infinita, sebbene possiamo solo percepire la vaga presenza di quest’armonia, ma mai veramente afferrarla. Ad ogni tentativo, proprio per la sua stessa natura, ci scivola dalle mani. Ogni pensiero, ogni parola è adatta solo per sottolineare una coerenza che in sé non può mai essere completamente descritta, ma solo studiata sempre più profondamente. Questa è la condizione del pensiero umano.”2

“Tutta la materia ha origine ed esiste grazie all'azione di una forza… Dobbiamo assumere che dietro questa forza ci sia l'esistenza di una Mente cosciente ed intelligente. Questa Mente è la matrice di tutta la materia.”3

“Quando studi le scienze naturali e il miracolo della creazione, se non divieni un mistico, non sei uno scienziato della natura.”4

Parlando di spirito, coerenza, armonia, mistica, nessuno di questi grandi scienziati si sta riferendo ad un dio antropomorfico. Einstein spesso sottolinea che crede nel Dio di Spinoza “che si rivela nell'armonia di tutto ciò che esiste”.

Sempre secondo Einstein: “La più bella sensazione è il lato misterioso della vita. È il sentimento profondo che si trova sempre nella culla dell'arte e della scienza pura. Chi non è in grado di provare né stupore né sorpresa è per così dire morto; i suoi occhi sono spenti. Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni dell'intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive… Questa conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso, e solo in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente religiosi. Mi basta sentire il mistero dell'eternità della vita, avere la coscienza e l'intuizione di ciò che è, lottare attivamente per afferrare una particella, anche piccolissima, dell'intelligenza che si manifesta nella natura. Difficilmente troverete uno spirito profondo nell'indagine scientifica senza una sua caratteristica religiosità.”

È vero: “Difficilmente troverete uno spirito profondo nell'indagine scientifica senza una sua caratteristica religiosità.” È l’unica spiegazione per comprendere il comportamento di moltissime persone applicate nella ricerca, che sacrificano gran parte della loro vita allo studio, che di certo non lo fanno per denaro, che di certo vivono più frustrazioni che successi, che lavorano 10-12 ma capita anche 18 ore al giorno (e in Italia spesso addirittura gratis!). Non è un caso che spesso si parli di missione, di missionari nella ricerca. C'è necessariamente una forte spinta interna, che spesso non è chiara neanche agli scienziati stessi, ma da queste testimonianze che abbiamo appena letto sembrerebbe che lo studio della scienza, ispira un profondo sentimento religioso che riempie di senso la ricerca e il ricercatore stesso. Lo stupore e la meraviglia di fronte al mistero della vita e dell’universo, l’intuizione di un piano, di un’intelligenza, di un’armonia in tutto l’esistente, è il fondamento più nobile della ricerca scientifica5 e la causa più profonda che motiva gli studiosi. Lo studio della scienza ispira un profondo sentimento religioso che riempie di senso la ricerca e il ricercatore stesso.

IL MONDO COME CI APPARE E L'UNIVERSO CHE NON PERCEPIAMO Immagino che questo possa suonare strano, perché siamo abituati a pensare alla scienza come a qualcosa che si oppone alla religione, però stiamo parlando di sentimento religioso, di spiritualità, e non ci stiamo riferendo di certo alla religione per come la conosciamo noi6. Di certo nessuno scienziato serio potrebbe mai credere al creazionismo o all’immagine di un Dio antropomorfico che compensa i timori e punisce gli eccessi della sua stessa opera d’arte. Einstein sostiene che “la scienza non solo purifichi l'impulso religioso dalle scorie del suo antropomorfismo, ma contribuisca altresì a una spiritualizzazione religiosa della nostra comprensione della vita.”7 Inoltre è vero che oggi conosciamo la scienza come qualcosa di estremamente razionale, basata su esperimenti rigorosi, misure, che tenta di rispondere a domande precise, puntuali. Se andiamo però a guardare alle origini della nostra scienza, se risaliamo fino al VI sec a.C., al primo periodo della filosofia greca, alla scuola di Mileto nella Ionia, ci troviamo in un momento dove scienza, filosofia e religione non erano separate. I saggi erano interessati a scoprire l'essenza delle cose, φύσις. Il termine ‘fisica’ significava originariamente lo sforzo di scoprire la natura essenziale di tutte le cose. Poi con Cartesio (XVI sec.) è iniziata una netta separazione tra res cogitans, il pensiero, e res extensa, la materia. A partire da questa distinzione filosofia, religione e scienza hanno preso strade distinte, separate, spesso in antitesi (qui in occidente) come accennavamo prima. La scienza si è dedicata sempre di più allo studio della materia nella fisica, nella chimica, nella biologia, perdendo sempre più una visione organica e olistica, specializzandosi secondo il più spinto riduzionismo.

Tuttavia, a cosa è giunta? Tentiamo di capire, di provare a immaginare, intuire cos’è questo piano che ha ispirato il sentimento religioso in questi grandi scienziati. La relatività ci dice che nel descrivere un fenomeno dobbiamo sempre tener conto del nostro punto di vista, del nostro sistema di riferimento e che, anche se noi siamo abituati ad uno spazio tridimensionale e consideriamo il tempo come una variabile assoluta a se stante, indipendente dallo spazio, in realtà non è così: ci muoviamo in un continuum quadridimensionale spazio-tempo e il tempo cambia se ci allontaniamo dal centro della Terra o se ci spostiamo con una certa velocità. Questo campo spazio-temporale è definito e caratterizzato dalla distribuzione della materia, è estremamente dinamico, perché la materia non è qualcosa di statico, ma piuttosto una forma di energia. Non solo la materia vivente: noi siamo un continuo fluire di energia, ma anche tutta la materia inerte lo è.

La quantistica ci dice che finanche tutto sia rappresentabile secondo funzioni d'onda e campi di probabilità, è di fatto indeterminabile a priori: è necessario sperimentare per conoscere effettivamente lo stato delle cose ed è la nostra stessa esperienza a definirne lo stato. L’ Interpretazione di Copenaghen di questi fenomeni -e le equazioni che li descrivono- affermano essenzialmente che il “pacchetto d’onda” associato a una particella collassa nel momento in cui viene osservato (“riduzione del pacchetto d’onda”): il che implica l’esistenza di una relazione tra la coscienza dell’osservatore e la particella.

Ci troviamo di fronte ad una fondamentale unità dell'universo, la natura ci appare come una complessa rete di relazioni dinamiche tra le varie parti del tutto. L'universo appare come una rete dinamica di configurazioni energetiche non separabili. Relazioni che includono sempre l'osservatore come elemento essenziale. La fisica moderna, come anche la chimica e la biologia, ci mostrano che gli oggetti materiali non sono entità distinte, ma sono in relazione inseparabile con il loro ambiente, le loro proprietà possono essere comprese solo in termini di interazione con l’ambiente. In fisica non si parla più di massa, spazio, vuoto, tempo, ma solo di “campo”; in chimica lo stato della materia è sempre riferito alle condizioni del “mezzo” in cui si trova; in biologia è inimmaginabile poter considerare una molecola, una proteina separata dal suo complesso “network” di interazioni dinamiche.

Quindi sembrerebbe che ciò che a noi appare come oggettivamente reale, tanto oggettivo non sia, che quelli che noi siamo abituati a considerare concetti separati, lo spazio e il tempo, la materia e l’energia, in realtà siano tutte variabili collegate tra loro a formare una complessa rete di relazioni. Heisenberg afferma: “Il mondo appare come un complicato tessuto di eventi, in cui diverse specie di connessioni si alternano, si sovrappongono e si combinano, determinando la struttura del tutto.” La completa, accurata e simultanea descrizione di questa fitta rete di relazioni è ancora irraggiungibile.

È famosa la frase di Bohr: “Chiunque non rimanga sconvolto dalla teoria quantica, sicuramente non l’ha capita!” Di fatto vengono messi in discussione e trasformati concetti base millenari, per trovarsi in un campo dove tutto sembra determinato ma al tempo stesso indeterminabile.

Tuttavia Bohr stesso, nel libro Atomic Physics and Human Knowledge, sostiene: “I concetti generali (…) messi in evidenza dalle scoperte della fisica atomica non sono completamente nuovi, del tutto sconosciuti e di cui non si è mai sentito parlare. Hanno una loro storia anche nella nostra cultura, e un posto più importante e centrale nel pensiero buddista e indù. Ciò che troveremo sarà un'esemplificazione, una conferma, una versione più raffinata della saggezza antica.”

Il tema fondamentale della mitologia indù è l'idea che la molteplicità delle cose e dei fenomeni che ci circondano non siano altro che diverse manifestazioni della stessa realtà ultima, Brahman. Brahman è Uno e Tutto, è l'anima, l'essenza. “Imperscrutabile è questo supremo Sé, immensurabile, impensabile, di cui non si può parlare” (Upanishad, ca. VI sec a.C.), nel senso che non può essere compreso dall'intelletto né adeguatamente descritto dalle parole. L'universo è generato dal suo “sacrificio”, nel senso di rendersi sacro: Brahman diviene mondo, il quale alla fine ridiviene Brahman. “Senza fine rinasce il giorno di Brahman e tutti gli esseri tornano all'esistenza, e ogni volta, col sopraggiungere della notte di Brahman, essi sono inesorabilmente dissolti.” Secondo la mitologia induista, fintanto che confondiamo la molteplicità delle forme con la realtà, senza percepire l'unità di Brahman che sta alla base di tutte le forme, siamo sotto l'incantesimo di maya. Come racconta anche il mito della caverna di Platone (IV sec. a.C.), ci illudiamo se pensiamo che le forme, le strutture, gli oggetti e gli eventi siano la realtà, invece di comprendere che sono concetti della nostra mente, per quello che essa è capace di misurare e classificare. Ricorda questo piano dove tutto è relazionato, un piano che si intuisce ma di cui non si può definire la natura ultima delle cose in maniera oggettiva. Quello che inizialmente abbiamo chiamato armonia, intelligenza che si manifesta in tutto l’esistente di fatto esso è l’esistente.

Un'altra considerazione generale della scienza moderna è che nulla è statico, tutto è in movimento: le particelle subatomiche sono in continuo movimento, gli atomi vibrano, i pianeti si muovono perennemente, le stelle, le galassie, l'universo intero si sta espandendo, nel nostro corpo c'è un flusso continuo di sangue o di pensieri. Tutto è dinamico o, come diceva nel VI sec. a.C. Eraclito da Efeso, “tutto fluisce”, aggiungendo anche che tutti i mutamenti sono ciclici. Anche questa visione è abbastanza riconoscibile nel mondo che conosciamo: il ciclo dell'acqua, il ciclo delle stagioni, la nostra ciclica vita quotidiana, il ciclo cellulare.

Alcune tra le più recenti teorie avanzate dalla fisica e dalla cosmologia prevedono la ciclicità dell'intero universo. La Big Bounce Theory, per esempio, calcola che all'espansione attuale seguirebbe una contrazione fino ad una dimensione minima (10-35 piccolissima, ma non infinitamente piccola, quindi con una quantità non infinita di energia, singolarità del Big Bang), la quale genererebbe una nuova espansione. Un Universo siffatto assomiglierebbe ad una gigantesca molla, che si contrae e si espande infinite volte, rimbalzando ogni volta che collassa su se stessa, dando così luogo ad una nuova espansione: un universo che nasce e che muore infinite volte, come la kalpa, il giorno e la notte di Brahman. Gli stessi fisici rimangono stupiti della somiglianza con le antiche scritture.

“Tutto è determinato (…) da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Lo è per l'insetto come per le stelle. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile”, ci dice Einstein. Un induista gli risponderebbe che il pifferaio è Brahman e che tutti danziamo al ritmo di Shiva la danza cosmica, flusso incessante di energia che attraversa l'infinita molteplicità di configurazioni.

Secondo la mitologia indù, tutta la vita è parte di un grande processo ritmico di creazione e distruzione, di morte e rinascita, e la danza di Shiva simboleggia questo ritmo eterno che continua in cicli infiniti.

C'è un'altra correlazione interessante che vale la pena accennare. Roger Penrose, fisico, matematico e filosofo, tra i pensatori più originali dei nostri tempi, nel libro The Emperor's New Mind, -in cui sostiene che la coscienza umana fa sì che l'intelligenza umana non possa essere uguagliata dall'intelligenza artificiale- si interroga e riflette sull'incredibile perfezione e bellezza con cui la matematica (un'astrazione) descrive il mondo (fisico). Nei casi di teorie e formule “superbe”, come le definisce Penrose (ad esempio quelle di Newton, Einstein, Maxwell), “la mente entra in contatto con il mondo di Platone nel contemplare una verità matematica.” Il fondatore della grandiosa Scuola di Atene, che recava sulla porta la celebre frase “non entri qui chi non sa di geometria”, sosteneva ne La Repubblica che la matematica è “conoscenza di ciò che esiste eternamente, non di qualcosa che viene ad essere in qualche momento e cessa di essere”. Questo mondo ideale era distinto e più perfetto del mondo materiale delle nostre esperienze esterne, ma altrettanto reale. Secondo Penrose, ci sono momenti in cui la mente manifesta una misteriosa connessione con questo altro mondo.

MA A VOLTE LO PERCEPIAMO… Abbiamo visto che la scienza ispira un profondo sentimento religioso, il quale anima la ricerca; che le teorie e i modelli principali della fisica moderna portano ad una visione coerente del mondo, incredibilmente in armonia con la saggezza antica. Per coloro che hanno anche solo un po’ esperienza di questa armonia, è facile riconoscere questa corrispondenza, mai viene da domandarsi come o perché. Abbiamo anche visto che in ogni descrizione della natura e certamente dell'esperienza mistica, c'è un ruolo fondamentale che spetta allo sperimentatore.

Qual è il ruolo della coscienza umana in tutto questo? Sia gli scienziati che le antiche scritture parlano di un mondo che si intuisce, che si arriva a percepire in istanti in cui la mente riesce a rompere l'incantesimo di maya. Proviamo a capire un po' meglio questi istanti.

Fritjof Capra, nella prefazione a Il Tao della fisica, scrive: “In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all'oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all'improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica.” In seguito racconta di come la realtà che conosceva dagli studi di fisica delle alte energie (moti vibrazionali degli atomi, raggi cosmici, urti tra particelle subatomiche, ecc.), realtà fino a quel momento rappresentata solo da diagrammi e formule su pezzi di carta bidimensionali, ad un certo punto fosse diventata la realtà davanti ai suoi occhi, la vedeva e se ne vedeva partecipe. Come se d'un tratto la realtà si rivelasse ai vostri occhi in modo del tutto nuovo e ciò che prima era il mondo (fuori) e voi (dentro) diventassero un tutt'uno inscindibile.

È un'esperienza abbastanza comune quella di avere delle intuizioni immediate e dirette della realtà (ovvero non deduzioni di ragionamenti): spesso capitano quando si sta facendo tutt'altro con la mente e all'improvviso ci invade una comprensione totale del tutto o una comunione perfetta con tutto, come dice Silo nel capitolo “Sospetto del Senso” nel libro Umanizzare la Terra.

La scienza è piena di ispirazioni improvvise che hanno permesso grandi avanzamenti. Come dice Penrose: “Idee complesse e profonde che arrivano in un lampo, un flash, mentre i pensieri stanno in altro, ma che sono accompagnate da una assoluta certezza e coerenza, quasi che la dimostrazione sia superflua”, anche se poi ovviamente viene fatta confermando l'intuizione. La mela di Newton è certamente la più nota, ma forse anche la più incerta, mentre sappiamo che la formula del benzene è stata risolta da Kekulé in sogno. La stessa trapped surface di Penrose è arrivata in questo modo. Come lui stesso descrive, e come Silo spiega in Appunti di Psicologia, è certo che questi momenti avvengono a seguito di una prolungata ed intensa ricerca, un sostenuto lavoro intellettuale, un'ossessione potremmo dire, che crea una situazione mentale, una predisposizione all'intuizione diretta della realtà, la quale è certamente all'origine delle rivelazioni dei mistici. Silo chiama “coscienza ispirata” questo stato che irrompe perturbando il funzionamento abituale della coscienza e che si può manifestare a diversi livelli, come abbiamo visto nel caso del sogno di Kekulé. È una struttura della coscienza che si esprime principalmente nella filosofia, nella scienza, nell'arte e nella mistica. Come accennavo prima e leggiamo in Silo: “anche nella vita quotidiana, la coscienza ispirata entra spesso in gioco, non solo nelle intuizioni, ma anche nei presentimenti, nell'innamoramento, nella comprensione improvvisa di situazioni complesse o risoluzione istantanea di problemi che ci hanno afflitto per lungo tempo.” Tra le caratteristiche più importanti di queste esperienze riconosciamo la sensazione di certezza assoluta e la situazione mentale di disposizione all'ispirazione.

Nel 1918, in un discorso per il sessantottesimo compleanno di Max Planck, Einstein disse: “L'animo con il quale un uomo lavora in questo campo (la scienza) somiglia a quello delle persone religiose o innamorate; la ricerca quotidiana non nasce da un'intenzione o da un programma, ma dritto dal cuore.”

Tornando alle nostre domande riguardo al come sia possibile che scienziati del XX secolo e filosofi greci e orientali del VI sec. a.C. siano arrivati, attraverso vie del tutto differenti, ad immagini del mondo che si corrispondono, possiamo tentare di dare una risposta. I primi penetrando negli strati sempre più profondi della materia, gli altri negli strati sempre più profondi della mente, animati tutti dalla ricerca della verità sull'essenza profonda delle cose, arrivano alle stesse rappresentazioni. Al mistico è sufficiente la sua coerenza interna, la sua assoluta certezza della verità, non ha bisogno di prove; mentre lo scienziato avanza con le sue visioni nella conoscenza empirica dell'universo. Questa potrebbe essere una risposta, di certo non pretendiamo di dare LA risposta, ma di ispirare altre possibili risposte.

Rispetto al perchè è più difficile rispondere. Heisenberg sosteneva che “la scienza naturale non è semplicemente una descrizione e una spiegazione della natura, essa è parte dell'azione reciproca tra noi e la natura.” Silo afferma che “lo psichismo è penetrato dal mondo e lo penetra”, descrive una struttura unica che chiama coscienza-mondo, una struttura tale per cui non ha senso parlare dell'una senza l'altro, perchè la coscienza si costituisce a partire dal mondo e nel mondo, e sul mondo agisce.

Possiamo sintetizzare che nell'essere umano esiste un'innata tendenza ad andare oltre i limiti imposti dall'ambiente e dalla sua stessa natura, in questo tentativo millenario e multiforme di cogliere l'essenza del Tutto, di svelare il Senso dell’esistente. In questo cammino la via della scienza e la via della meditazione sono vie diverse, ma complementari ed entrambe necessarie. Personalmente credo che la scienza, quanto la meditazione, sia quello strumento prettamente umano capace di svelare il divino in noi, nell'universo, nella nostra mente. È uno strumento che evolve, è il nostro specchio nel bene e nel male e deve necessariamente essere lasciato libero di evolversi e di ribellarsi a ciò che è dato per stabilito, per metterci di imparare senza limiti.

Silo qualche anno fa parlava del “vero essere umano, colui che esplora lo spazio all'infinito, che scopre e manipola l'atomo, che trasforma il mondo in bit, che decodifica e può manipolare il codice genetico e trasformare la sua stessa natura, che quando gli si dice che la tecnologia crea disoccupazione è disposto a ristrutturare l'organizzazione sociale per liberare l'uomo dal lavoro e permettere alla tecnologia di continuare a svilupparsi; colui che si ribella al fatto di essere considerato solamente un animale razionale che nasce, cresce, si forma, si riproduce, lavora, si ammala e muore; colui che guarda il suo corpo e lo considera un'antichità primitiva per lo sviluppo della sua coscienza, colui che si ribella di fronte alla morte, un essere umano che la filosofia non ha ancora definito, né la psicologia o le scienze sociali. Questo essere umano, il vero essere umano, sta già iniziando ad apparire. Commetterà errori? Certamente farà degli errori, ma non potrebbe essere altrimenti, questo processo non si fermerà in alcun modo. La coscienza umana andrà liberandosi di molte delle catene che oggi la limitano.”

Vorrei infine salutarvi con un brano tratto dal libro di Silo Umanizzare la Terra: “Se la ragione sta al servizio della vita, che serva a farci saltare al di là della morte. Che la ragione elabori allora un senso esente da ogni frustrazione, da ogni incidente, da ogni annullamento. Al mio fianco non vorrò chi è spinto dalla paura a proiettare una trascendenza, ma chi alza la testa per ribellarsi contro la fatalità della morte. Per questo amo i santi che non hanno paura ma che amano veramente e amo quanti vincono il dolore e la sofferenza, giorno dopo giorno, con la scienza e con la ragione. Ed in verità non vedo differenza tra il santo e colui che anima la vita con la sua scienza. Quali esempi sono migliori di questi, quali guide superiori a queste? Un senso che non sia solo provvisorio non accetterà la morte come fine della vita, ma affermerà la trascendenza come massima disobbedienza all'apparente Destino. E colui che afferma che le sue azioni mettono in moto una serie di avvenimenti che continuano in altri, ha fra le mani parte del filo dell'eternità.”


Bibliografia
A. Einstein, Pensieri, Idee e Opinioni, New Compton
A. Einstein, Come io vedo il mondo, , New Compton
J.R. Dos Santos, Einstein e la formula di Dio, collana BEAT
F. Capra, Il Tao della fisica, Adelphi
R. Penrose, The Emperor's New Mind: Concerning Computers, Minds, and the Laws of Physics, Oxford Univ. Press, 1989.
Silo, Appunti di Psicologia, Multimage – freedownload www.silo.net
Silo, Umanizzare la terra, Multimage – freedownload www.silo.net
A. Zeilinger, Il velo di Einstein, Einaudi
A. Parisi, L. Albanese, Dipende (Einstein e la teoria della relatività)