Sintesi della riunione del gruppo di studio sulla vendetta.
2 marzo 2015Avendo assunto nel Codice di Hammurabi il punto zero del processo del nostro oggetto di studio abbiamo provato a spiegare perché questo documento è così significativo.
Il Codice di Hammurabi si costituisce come il primo esempio strutturato nella storia umana del bisogno di porre per iscritto un certo numero di norme e leggi che regolino la convivenza tra le persone.
Sembra configurarsi come un momento di espressione di un certo laicismo che strettamente legato alla particolare fase di sviluppo in cui si trovava la civiltà babilonese.
Le condizioni di origine ci permettono di comprendere meglio il senso di questo importante reperto storico.
Con Hammurabi per la prima volta la civiltà babilonese instaura un impero che riunisce le più grandi città stato della Mesopotamia. Siamo intorno al 1700 a.C. e quella regione dalla fiorente agricoltura è innanzitutto un grande crocevia culturale e rappresenta un luogo di passaggio obbligato per gli scambi commerciali sull'asse est-ovest. La grande eterogeneità etnica presente nell'impero pone la difficoltà di arrivare ad un momento di sintesi che permetta il controllo sociale ed eviti conflitti.
Se si osservano le culture contemporanee a quella babilonese, come quella egizia e indiana, ci rendiamo conto che sono caratterizzate da una forte identità culturale che non necessita della redazione di un codice che regoli i conflitti interpersonali. In altre culture le dispute che non riuscivano a regolarsi all'interno dei costumi e della morale venivano risolte dall'arbitrarietà del potere del sovrano e dei suoi delegati.
Per Babilonia, la fragilità identitaria non permette di stabilire un sistema di regolazione simile a quello dei suoi vicini. Emerge la necessità di definire un codice e di farlo emergere, di renderlo manifesto, pubblico. Probabilmente questo è il motivo che spinse a porre le steli con il Codice nelle piazze pubbliche delle città dell'impero.
Tradizionalmente in Mesopotamia si addebita la nascita della scrittura come sistema di codificazione segnica del linguaggio verbale. Lo sviluppo della scrittura in un sistema di rappresentazione di fonemi produce notevoli mutamenti nella struttura sociale dell'epoca.
“La scrittura sembra dunque aver avuto diverse origini, tanto in senso geografico quanto in senso funzionale. Il significato antropologico di questa fondamentale "invenzione" è quantomeno ambivalente: da un lato essa rappresenta la radice dei concetti moderni di "universalità", "razionalità" e "scienza" in quanto rende possibile un confronto (articolato come mai prima) tra conoscenze di diversa natura e origine. Dall'altro contiene "elementi angusti di specializzazione e di separazione funzionale"[3], in quanto (così certamente almeno nel Vicino Oriente antico) essa prende piede come strumento di affermazione e realizzazione dei progetti di una specifica classe umana, espressione del polo palatino-templare, che si compone di un clero specializzato (mentre prima il culto era domestico e gestito in casa) e di un potere regale, impegnato a gestire lo sforzo della ridefinizione infrastrutturale della piana alluvionale mesopotamica nel segno di una sempre più forte diseguaglianza sociale. La scrittura, nei tempi della sua piena affermazione, si manifesta dunque come tecnica specializzata di altissimo prestigio, al pari (e anche più) di altre forme di specializzazione (l'artigianato) e in contrapposizione con quel sapere diffuso e senza potere contrattuale che è quello dei coltivatori diretti[5].” - Tratto da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Scrittura#StoriaA proposito della civiltà babilonese Gerardus van der Leeuw scrive: “Nazionalità e autorità riunite formano un tema unico: lo Stato, che assume così un carattere religioso. Non solo lo Stato ha i suoi propri dèi, è un dio esso stesso. Carl Schmitt ha mostrato in modo convincente che l'ideologia dello Stato, laStaatsrason, altro non è che una teologia secolarizzata: si tratti di legislazione, di potere esecutivo, di polizia, di previdenza sociale, di giustizia o di ricorso in Cassazione con domanda di grazia, sempre incontriamo sulla nostra strada lo Stato; "l'onnipotenza del legislatore moderno procede dalla teologia, non soltanto nelle sue espressioni, ma nel suo stesso contenuto". Anche questa è una causa della secolare ostilità fra religione e politica, fra Chiesa e Stato; controversia che impegna non due potenze straniere, ma due grandezze numinose. Per questo possiamo vedere, il conflitto dichiarato cominciò nella Babilonia di Hammurabi, ove di fronte al tempio sorgeva il palazzo, potenza avversa." Gerardus van der Leeuw – Fenomelogia della religione.
Si osserva inoltre la grande importanza che l'osservazione astronomica aveva per le culture mesopotamiche. La vendetta diviene l'azione riparatrice della rottura dell'ordine cosmico che l'offesa aveva prodotto.
"
1. Le origini
Le origini dell’astrologia si perdono nei tempi e si confondono con quelle dell’astronomia. Già presso le antiche civiltà cinese, indiana, mesopotamica, egizia, mediterranea, precolombiana, l’astronomia provvide a suddividere il tempo in ore, giorni, mesi, anni, secondo i moti celesti e a fissare il calendario. A questo sapere a sfondo empirico si associarono le credenze astrologiche, connesse con le mitologie, i rituali tribali, funerari e religiosi.
Le dottrine astrologiche si distinguono in tre varietà, a seconda che prevalga lo sfondo religioso, come presso i Sumeri e i Babilonesi (3°-2° millennio a.C.), o quello misterico e soteriologico, nel caso delle dottrine orfico-pitagoriche orientali e greche (5° secolo a.C.), o ancora quello colto e razionale maturato in Cina, in India, presso i Maya e gli Aztechi, dai Greci d’Alessandria con Claudio Tolomeo e dai suoi seguaci islamici.
Dalla nozione di una fatalità legata alla regolarità dei moti celesti e dalla concezione della natura divina degli astri, i sacerdoti babilonesi di origine caldaica conclusero che tutta la vita degli uomini e del mondo fosse regolata dagli astri-dei e che nei loro movimenti fosse iscritto il destino dell’Universo. Come sede delle divinità astrali, il cielo fu suddiviso in zone o settori, occupati via via dal transito degli astri; al ritmo regolare delle loro combinazioni si attribuirono precisi influssi sulle sorti individuali o collettive. Sulla superficie terrestre la corrispondenza tra gli eventi del macrocosmo e quelli del microcosmo fu consacrata dalla geometria dei templi, il cui simbolismo dava un’immagine speculare dell’ordine cosmico.
Nel 270 a.C. circa, il sacerdote caldeo Beroso fondò una scuola a Coo e di lì divulgò il credo astrologico nella Grecia, insegnando la concezione di un universo scandito dalla successione di cicli cosmici o grandi anni (aventi ciascuno un’estate e un inverno, annunciati dal periodico ritorno dei pianeti in un medesimo segno, e a cui seguono un rogo e un diluvio universali) e la tesi della simpatia universale, per la quale tutte le parti dell’Universo, pur distanti, sono tra loro in rapporto e reciprocamente agenti. Lo stoicismo elevò poi a dignità filosofica l’idea del grande anno e la dottrina dell’unità del Cosmo espressa nella teoria della simpatia universale, dando ampio credito alle pratiche divinatorie." - Tratto da Enciclopedia Treccani -
http://www.treccani.it/enciclopedia/astrologia/Cose da fare:
Stilare una scheda delle culture studiate rispondendo alle domande redatte nella scorsa riunione.
Cultura egizia (Vito)
Cultura ebraica (Fulvio)
Cultura mesopotamica e persiana (Emanuela)
Cultura sumerica (Gianluca)
Restano ancora da studiare la cultura greco-romana.
Si suggerisce di dedicare maggior tempo alla riunione consentendo di approfondire lo studio. Si ipotizza una riunione al Parco.
La prossima riunione è fissata per le 20:30 di lunedì 30 marzo a casa di Emanuela.